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Fukushima, allarme plutonio



Il governo giapponese è in stato di massima allerta dopo il ritrovamento di tracce di plutonio nel terreno nei pressi della centrale nucleare di Fukushima. Lo ha annunciato in Parlamento il premier Naoto Kan: «Continueremo a trattare la situazione con massima allerta e senso di urgenza». Nella seduta trasmessa in diretta dalla tv pubblica Nhk ha definito «imprevedibile» la situazione che è emersa dal terremoto e dallo tsunami dell'11 marzo.
I tecnici della Tepco, l'azienda che gestisce la centrale di Fukushima, hanno riferito che il plutonio rinvenuto in cinque punti potrebbe essere fuoriuscito proprio dall'impianto pesantemente danneggiato. A destare i timori maggiori è ancora il reattore due. Il livello di esposizione alla radioattività è stato stimato nell'ordine dei 1.000 millisievert all'ora quando il limite di sicurezza per i lavoratori è considerato di 250 all'anno. Secondo le fonti ufficiali, non ci sarebbero pericoli per la salute delle persone. Secondo altri, potrebbe anche essere dovuto ai residui dei test sulle armi nucleari terminati nel 1980 ma ancora presenti nell'atmosfera.
Una delle preoccupazioni maggiori è stata quella dell'aumento della temperatura. Ma il portavoce del governo Yukio Edano ha spiegato che è l'effetto della riduzione dell'acqua iniettata nel reattore. La precedenza è stata data al tentativo di allentare lo sforzo sui serbatoi proprio per limitare le perdite.
E si valuta anche l'ipotesi di nazionalizzare la Tepco. Ma l'indiscrezione diffusa dai media locali è stata immediatamente smentita dal Governo: «In questa fase, la prima priorità del governo è istruire Tepco perché faccia il possibile per contenere gli incidenti e affrontare le relative conseguenze» ha spiegato a questo proposito il portavoce Edano.
E il pericolo di radiazioni investe anche gli Stati Uniti. L'allarme è stato lanciato dalla Case Western University di Cleveland. Sul tetto di un edificio sono state ritrovate delle tracce di iodio 131 nell'acqua piovana raccolta. Ma gli scienziati che si occupano dei rilevamenti nel campus mettono le mani avanti: «In teoria lo iodio 131 potrebbe derivare da una struttura per il trattamento dei rifiuti radioattivi – ha commentato il geologo e ricercatore Gerald Matisoff – Ma sappiamo che arriva dal Giappone», anche sulla base di analoghi rilevamenti «nel resto del mondo».

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